Napulitanata

Quattro compositori, due titoli e una clamorosa ipotesi di plagio: Napulitanata è una canzone con una storia davvero intrigante. Sì, uno dei capolavori di Salvatore di Giacomo si porta dietro un bel po’ di aneddoti. Tutti interessanti, tutti meritevoli di essere conosciuti.

NAPULITANATA E UOCCHIE DE SUONNO

La storia di Napulitanata è innanzitutto la storia di componimento poetico. Infatti, come per altre canzoni digiacomiane, anche in questo caso i versi nascono prima della musica, e indipendentemente da essa. L’origine di Napulitanata è, dunque, Uocchie de suonno, un sonetto pubblicato il 10 luglio 1882 sul Corriere del Mattino. Con la sua perfetta struttura in quartine e terzine, esso è a sua volta un inizio, quello della poesia Nannina.

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Il frontespizio dello spartito originale di Napulitanatata

IL TESTO DI UOCCHIE DE SUONNO

Un “avvio rapinoso”, è stato definito così il magistrale incipit di Uocchie de suonno, diventato poi quello di Napulitanata.

Uocchie de suonno, nire, appassiunate,
ca de lu mmele la ducezza avite,
pecché, cu sti guardate ca facite,
vuie nu vrasiero mpietto m’appicciate?

Ve manca la parola e mme parlate,
pare ca senza lacreme chiagnite,
de sta faccella ianca anema site,
uocchie belle, uocchie doce, uocchie affatate!

Vuie, ca nziemmo a li sciure v’arapite,
e nziemmo cu li sciure ve nzerrate,
sciure de passione mme parite.

Vuie, sentimento de li nnammurate,
mm’avite fatto male e lu ssapite,
uocchie de suonno, nire, appassiunate!

I QUATTRO COMPOSITORI

La critica ha parlato di Napulitanata come di “un madrigale alla bellezza delle donne (…) con un tema musicale dalle suggestive cadenze moresche”. Una definizione che rende omaggio al genio di Mario Costa, che fu il quarto compositore a cimentarsi con quel testo. Prima di lui, infatti, ci avevano provato Francesco Andreatini, Labrecht e De Luca. Solo il musicista tarantino, però, seppe dare ai versi quell’andamento di “meravigliosa romanza” che li ha resi una canzone immortale. Correva l’anno 1884 quando Uocchie de suonno diventò Napulitanata, affiancandosi a capolavori come Era de maggio e Marechiare.

NAPULITANATA E L’IPOTESI DI PLAGIO

La storia della canzone Napulitanata è segnata anche da un’ipotesi di plagio, o almeno di forte reminiscenza, avanzata da Carlo Bernari. La tesi è esposta nell’antologia Poesie, dedicata a Ferdinando Russo e da lui curata per le edizioni Bideri nel 1984. Lo scrittore cita una serie di versi del poeta pittore Raffaele Ragione, di cui Salvatore di Giacomo fu prefatore. In particolare, ne evidenzia le forti analogie con quelli di Uocchie de suonno.
Il primo riferimento è alla poesia Uocchie d’ammore, che contiene un’elegia degli occhi alquanto sorprendente per similitudine.

Uocchie d’ammore mieie, uocchie d’ammore,
uocchie nun me parite, ma brillante!
de lo smeraldo avite lo colore!
Vuie ‘nammorà facisseve a li sante.

Dopodiché mette a confronto la prima terzina di Uocchie de suonno/Napulitanata (Vuie, ca nziemme a li sciure v’arapite etc.)  con altri versi del poeta pittore.

Vuie, che nzieme co l’arba ve sosite,
e co lo Sole, a notte ve corcate,
addorate scetata o si dormite

Infine, Bernari riporta alcuni versi della poesia Sciure d’arance, sempre composta da Raffaele Ragione in epoca antecedente a Napulitanata.

Vuie che d’ammore site mbarzamate,
de Dio li sciure prelibate site,
sciure d’arance mparaviso nate…

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L’antologia Poesie, curata da Carlo Bernari

LA TESI DI CARLO BERNARI

Dunque, plagio o casuali somiglianze? Le parole di Carlo Bernari lasciano capire chiaramente la sua opinione a proposito della canzone. “L’aneddotica digiacomiana colloca questo sonetto di esordio come composto tra i banchi del liceo. dove l’insegnante Turiello sorprende il liceale poeta in erba a scrivere le quartine di Uocchie de suonno. invece di seguire il suo corso sul Sacro Romano Impero.” così scrive nella prefazione della raccolta Poesie “Ma la leggenda, se leggenda si tratta, nulla toglie al debito che di Giacomo contrae col suo più anziano collega. Poiché, se la somiglianza tra due versi può considerarsi casuale, la riproduzione di tre terzine rasenta il plagio”.
Insomma, Carlo Bernari aveva pochi dubbi. Come pochi, però, sono i dubbi sul fatto che Napulitanata è, in ogni caso, un capolavoro. Al massimo, con una paternità condivisa.

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