Peter Van Wood è stato astrologo, personaggio televisivo, playboy, ma prima di tutto è stato un musicista di talento. Che nel secondo dopoguerra contribuì in maniera significativa al rilancio, e alla modernizzazione, della canzone napoletana. Si chiamava, in realtà, Pieter Van Houten ed era nato a L’Aia, ma la sua carriera decollò all’ombra del Vesuvio. Per questo è ricordato come l’olandese napoletano.
PETER VAN WOOD E RENATO CAROSONE
Il primo elemento che lega Peter Van Wood a Napoli ha la faccia sorridente di Renato Carosone. È con lui che, poco più che ventenne, si ritrovò a suonare alla fine degli anni ‘40. Per quanto giovanissimo, poteva già considerarsi un chitarrista esperto. Aveva suonato a Londra e Parigi; a Lisbona aveva addirittura vinto un concorso mondiale con 600 partecipanti. In più, aveva un’autentica fissazione per la strumentazione tecnica. Giusto per dire, Peter Van Wood fu tra i primi a usare effetti come l’eco e il riverbero.
Renato Carosone lo conobbe a Roma e ne apprezzò subito le doti tecniche, la bella presenza e lo spirito ironico. Era il musicista giusto per il progetto che aveva in mente. Fu per questo che lo volle con sé per l’inaugurazione dello Shaker. Era il 17 ottobre 1949 e nel nuovo locale napoletano debuttò il Trio Carosone, con Gegè Di Giacomo alla batteria.
Il successo del gruppo fu immediato e Peter Van Wood diventò un beniamino del pubblico. Un affetto notevole che lo portò ad ambientarsi facilmente. E che lui trasformò in amore, potremmo dire passione, per la città e la sua cultura. Naturalmente, il rapporto con Renato Carosone fu determinante in questo senso. Insieme a lui suonava, sì, le hit internazionali, ma nel frattempo familiarizzava con le canzoni napoletane.
PETER VAN WOOD SCOPRE LA CANZONE NAPOLETANA
Insomma, Peter Van Wood si “scopriva” di giorno in giorno sempre più napoletano. Fu così che nacquero delle sue rielaborazioni particolarmente apprezzate. Per esempio, quelle di Luna rossa e Anema e core. Ma anche quelle di classici come Marechiare e Torna a Surriento, che registrò in chiave strumentale.
Il legame con Napoli e la sua musica non si esaurì nemmeno quando decise di intraprendere la carriera solista. Al contrario, si rafforzò.
IL DEBUTTO DEL QUARTETTO DI PETER VAN WOOD
Il chitarrista olandese rimase al fianco di Renato Carosone per 5 anni. Il pretesto per lasciare il trio gli fu dato dalla ghiotta occasione di esibirsi negli U.S.A. Nel 1953, però, Peter Van Wood era di nuovo a Napoli e di nuovo allo Shaker. Nel club del comm. Angelo Rosolino si esibì anche nel 1960, in occasione della sua riapertura dopo una ristrutturazione.
Proprio i continui soggiorni partenopei, uniti alla sua innata curiosità, lo portarono a padroneggiare la lingua napoletana. Peter Van Wood scrisse e incise un bel po’ di canzoni in dialetto. Brani ormai dimenticati come Ce guardammo tutt’ ‘e duie, ‘O ciuccio e ‘a ciuccia, Filomena, Pecchè pecchè pecchè. O come le divertenti Je songo milanese e Okay paisà.Senza dimenticare la latineggiante Maria Canaria e la “carosoniana”Chillo ca sposa a tte.
Naturalmente, a questi titoli ignoti ai più ne vanno aggiunti altri molto più famosi. Nel corso della sua carriera registrò Serenatella sciuè sciuè, Chella llà, La pansè, Suspiranno na canzone, Scapricciatiello. E poi, tra le altre, ‘A sonnambula, Lazzarella e la riuscitissima ‘O nfinfero.
L’olandese napoletano fu abile anche nell’effettuare il percorso inverso: tradurre in inglese testi in napoletano. A lui si devono le versioni anglofone di Accarezzame e delle già citate Luna rossa e Anema e core.
L’olandese napoletano fu abile anche nell’effettuare il percorso inverso: tradurre in inglese testi in napoletano. A lui si devono le versioni anglofone di Accarezzamee delle già citate Luna rossa e Anema e core.
LA SVOLTA ASTROLOGICA
Gli anni ’50 regalarono a Peter Van Wood molte soddisfazioni anche quando si cimentò con la lingua italiana. Per tutti, valga ricordare il notevole successo ottenuto da Ho giocato tre numeri al lotto.
Gli anni ’60 lo videro, invece, affiancare la passione per l’astrologia a quella per la musica. Si impose anche in questo campo, scrivendo oroscopi per giornali e tv. Si sposò anche una seconda volta, con la campana Aurora Della Camera. Insomma, diradò sempre più l’attività musicale, anche se non l’abbandonò mai.
IL TRIPLO ALBUM DEGLI ANNI ‘70
Un interessante capitolo della storia di Peter Van Wood è rappresentato da un disco triplo. Una vera antologia, che la casa editrice Bideri pubblicò nel 1973 con il titolo Van Wood Story. Sebbene i tre l.p. contengano anche canzoni in italiano e inglese, l’album può considerarsi napoletanissimo.
Innanzitutto, perché le canzoni napoletane sono tante. Poi, perché l’intera operazione fu progettata a Napoli, dopo una festa. Infine, perché sono partenopei tutti i musicisti che lo affiancarono, tra cui un giovane Antonio Sinagra.
Ecco, l’album può considerarsi una sorta di testamento. Con una canzone, Comme na vota vasame, che ne è il sigillo musicale. E la prova definitiva che era veramente un olandese napoletano.