Vincenzo Russo

Vincenzo Russo, la grande bellezza di un poeta fragile

Non bastano parole per definire i picchi raggiunti da Vincenzo Russo, il poeta fragile. Anzi no, di parole ne bastano davvero poche, a patto che siano quelle delle sue canzoni. Per esempio, quelle che introducono Maria Marì:
Arapete fenesta,
famme affaccià a Maria,
ca i’ stongo mmiez’ ‘a via
speruto d’ ‘a vede.

O quelle del ritornello di I’ te vurria vasà:
I’ te vurria vasà…
Ma ‘o core nun m’ ‘o dice ‘e te scetà.
I’ me vurria addurmì
Vicino ‘o sciato tujo
‘N’ ora pur’i’.
Cos’altro aggiungere per dire della grande bellezza di questi versi?

VINCENZO RUSSO E IL MUNACIELLO DELLA POESIA

Vincenzo Russo nacque il 16 marzo 1876 in una famiglia ricca solo di bocche da sfamare. Con lui vivevano il padre Giuseppe, calzolaio di via Correra, la madre Lucia Ocubro, modesta operaia, e ben cinque fratelli. Il contesto di povertà familiare lo portò, inevitabilmente, a fare lavori umilissimi. Sarebbe rimasto completamente analfabeta se la sua ostinazione non l’avesse portato a frequentare una scuola elementare per lavoratori.

Sapeva che non avrebbe potuto coltivare il sogno di diventare poeta senza saper leggere né scrivere. Quello con la poesia era, in realtà, un rapporto tumultuoso nel senso che l’ispirazione lo sorprendeva di notte. Il suo sonno era disturbato da incubi ricorrenti causati dalle precarie condizioni dei suoi polmoni. Vincenzo Russo, però, interpretava quelle premonizioni come dei versi da fissare su carta. Insomma, si riteneva posseduto da un munaciello della poesia.

L’INCONTRO DECISIVO CON EDUARDO DI CAPUA

Vincenzo Russo provò a proporsi come autore di canzoni piedigrottesche, ma con pochissimo successo. Brani come Filumè Filumè, Napulì Napulì e Marenà Marenà si rivelarono mediocri. Tutto cambiò nel 1897 quando fu contattato da Eduardo Di Capua, compositore eccelso ma anche incallito giocatore del lotto. Il compositore di ‘O sole mio sperava di ricavare qualche buon numero dalle virtù “medianiche” di Vincenzo Russo. La poesia sembrava non entrarci niente.

Vincenzo Russo dava i numeri a Eduardo Di Capua che, in compenso, musicava i suoi versi. Lo strano rapporto rimase sospeso tra arte e cabala per sette anni. Non generò vincite, ma canzoni che avrebbero girato il mondo. I primi segnali si ebbero nel 1899 quando l’editore Bideri pubblicò ‘A serenata d’ ‘e rrose e Maria Marì. La conferma arrivò dodici mesi dopo con quella che diventerà un capolavoro: il 1900 fu pubblicata I’ te vurria vasà.

IL SALUTO STRUGGENTE DEL POETA FRAGILE

Il sodalizio tra Vincenzo Russo ed Eduardo Di Capua produsse altre canzoni di grande spessore, si pensi a Torna maggio. Ma anche a Nuttata a mare, Serenata palazzola e Canzona bella. E a tutte le altre che sarebbero venute se i polmoni del giovane poeta avessero retto più a lungo. L’11 giugno 1904, a soli ventotto anni, Vincenzo Russo dovette arrendersi alla tisi.

Consapevole del suo destino, negli ultimi giorni di vita il giovane poeta scrisse uno struggente addio alla vita. Spedì i versi a Eduardo Di Capua con un messaggio in calce: “È l’urdema canzone ca ve scrivo. ‘Mparatela e tenitavella ‘ncore. Addio, canzone meje, i’ me ne moro. E vuje restate pe’ ricordo ‘e me”. Di Capua musicò quei versi dopo la morte di Vincenzo Russo. Il titolo del brano non poteva che essere “L’urdema canzona mia!”.

Poeta
L’annuncio della morte di Vincenzo Russo sulla rivista Tavola Rotonda

FRONN’ ‘E ROSE, IL CAPOLAVORO RITROVATO DI VINCENZO RUSSO

Nel 2019 la Fondazione Bideri ha recuperato una piccola perla del repertorio di Vincenzo Russo nell’ambito del progetto Archeologia musicale. Dopo averlo “scavato” negli archivi della onlus, Francesca Fariello ha inciso per la prima volta Fronn’ ‘e rose. Sebbene si componga di una sola strofa, la canzone riflette appieno l’estetica del poeta fragile, sia nella delicatezza della soluzione testuale sia nell’immaginario evocato. Il brano compare nella Piedigrotta Orpheus del 1902 ed è stato pubblicato su un 45 giri, già diventato oggetto di collezionismo. A proposito della riscoperta di Vincenzo Russo, si annunciano altre novità: sempre in Casa Bideri, pare si stia lavorando ad un biopic transmediale che ne ripercorra l’intera carriera. La data di pubblicazione sarebbe il 2024, in occasione dei 120 anni dalla sua prematura scomparsa.

Francesca Fariello – Fronn’ ‘ e rose
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5 Commenti. Nuovo commento

  • Ho fatto qualche ricerca e ho scoperto da questa ultima e struggente canzone fu tratta l’omonima sceneggiata, una delle prime in assoluto. Riuscireste ad aiutarmi a ricostruirne la storia o ritrovare il copione? L’autore era mio nonno, “Roberto Zuccariello”.
    Grazie

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  • Ciro Daniele
    13 Aprile 2021 11:45

    Fu prodotto un film muto, in bianco e nero nell’aprile 1923, il regista era Fausto Correra; la casa cinematografica fu la Miramar.

    Rispondi
  • Gennaro Scarpato
    20 Settembre 2021 9:24

    ho ascoltato con grande emozione Fronne e Rose, ed ho ritrovato l’ingenuità e la semplicità della straripante poetica di Vincenzo Russo dei versi di Maria Mari , I te Vurria Vasà etc etc .
    siamo di fronte ad un patrimonio della canzone e della sensibilità napoletana, quella vera, da difendere con i denti, da non disperdere nei mille rivoli della sciatta banalità che da troppo tempo accompagna l’immagine di una città da valorizzare quale simbolo del riscatto di tutta l’Italia, in particolare quello culturale, che quasi si impone a prescindere e nonostante la svogliatezza della classe dirigente partenopea poco attenta da decenni ai tanti suoi talenti di ieri e di oggi e , spero di no, di domani.
    Vincenzo Russo, è il fratello di mia Nonna Paterna , Carmela che sino a poco prima di lasciarmi a 98 anni, mi parlava di Vincenzino, e delle tante storie, anche fantasiose, che si raccontavano sulla sua breve esistenza.
    Da quei racconti emergeva evidente la sensibilità che tormenta e distrugge i veri poeti che scrivono sotto dettatura dell’anima.
    sono certo che l’iniziativa della Casa Editrice Bideri sarà accolta con interesse da chi ama Napoli ed un meritato e doveroso omaggio a Vincenzo Russo, “zio Vincenzino”.

    Gennaro Scarpato

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