FENESTA VASCIA

Fenesta vascia, un canto d’amore che viene da lontano

Fenesta vascia ‘e padrona crudele, quanta suspire mm’haje fatto jettare! Una strofa di due versi per uno degli incipit più famosi (e belli) della storia della canzone napoletana. Non sappiamo chi fu l’autore di questo distico e degli altri dieci versi che componevano il testo originale di Fenesta vascia. Sappiamo, però, che il suo struggente canto d’amore ha compiuto un viaggio lunghissima. Che iniziò nel 1500, visse una svolta decisiva nel 1825 e prosegue ancora oggi.

FENESTA VASCIA, UN LUNGO VIAGGIO NEL TEMPO

La prima versione stampata di Fenesta vascia fu pubblicata nel 1825 da Guglielmo Cottrau, editore parigino trasferitosi a Napoli. Cottrau è una figura centrale nella storia della canzone napoletana: tantissimi canti popolari sono arrivati a noi grazie a lui. Li rintracciava, ne faceva rielaborare il testo e, poi, gli dava una veste musicale che incontrava il gusto dell’epoca. Infine, li pubblicava. Con Fenesta vascia andò allo stesso modo.

Lui si preoccupò delle note, affidando l’adattamento del testo risalente al ‘500 a Giulio Genoino, apprezzato poeta di Frattamaggiore. In assenza di riferimenti scritti, Cottrau non ebbe vincoli nella trasposizione musicale. Genoino, invece, prestò molto attenzione ai versi originali: li riportò fedelmente, adattandoli semplicemente alla lingua parlata nel 1800. Proprio questo rispetto verso il testo iniziale fa capire che l’anonimo autore cinquecentesco non era un semplice cantastorie. Molto probabilmente era un poeta colto.

L’ANALISI DI FENESTA VASCIA

Lo studioso Alfonso Grasso ha svolto un’accurata e appassionante disanima di Fenesta Vascia. Ha evidenziato come il testo sia composto da due “ottave siciliane” di endecasillabi, in rima alternata AB. Ha spiegato come la tipica dizione osco-napoletana risolva le apparenti imperfezioni di rima grazie alla pronuncia sfumata delle vocali finali. Ne ha sottolineato nella ricercatezza delle parole usate e del fraseggio. Ha contestualizzato i versi in chiave storica e, potremmo dire, socio urbanistica. Ha chiarito il significato di frasi e singoli termini.

LE IMMAGINI PIÙ BELLE DI FENESTA VASCIA

Il successo plurisecolare di Fenesta Vascia è giustificato anche dalla carica espressiva dei suoi versi.  Sono tante le immagini felicemente evocate dal suo anonimo autore prima e da Giulio Genoino poi. A partire proprio dalla finestra bassa, tipica dei vicoli napoletani, fino all’anfora (l’angella) piena di lacrime e non di acqua. Suggestivo anche il contrasto caldo/freddo insito nel cuore, che arde come una candela, e nella neve, che si fa maneggiare. Insomma, Fenesta vascia è arte pittorica oltre che musicale. Come le più belle canzoni napoletane, d’altronde.

IL TESTO DI FENESTA VASCIA

Radio Napoli propone diverse versioni di Fenesta vascia, come quelle interpretate da Brunello Selo, Massimo Ranieri e Giorgia, Giulietta Sacco. Ma anche da Sergio Bruni, Fausto Cigliano e dal giovane Andrea Sannino.  Cambiano gli interpreti, ma le parole sono sempre le stesse.

Fenesta vascia ‘e padrona crudele,
quanta suspire mm’haje fatto jettare!…
Mm’arde stu core, comm’a na cannela,
bella, quanno te sento annommenare!
Oje piglia la ‘sperienza de la neve!
La neve è fredda e se fa maniare…
e tu comme si’ tanta aspra e crudele?!
Muorto mme vide e nun mme vuó’ ajutare!?…

Vorría addeventare no picciuotto,
co na langella a ghire vennenn’acqua,
Pe’ mme ne jí da’ chisti palazzuotte:
Belli ffemmene meje, ah! Chi vó’ acqua…
Se vota na nennella da llá ‘ncoppa:
Chi è ‘sto ninno ca va vennenn’acqua?
E io responno, co parole accorte:
So’ lacreme d’ammore e non è acqua!…

Mango interpreta una particolarissima versione in chiave blues di Fenesta vascia.

Radio Napoli
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