Massimo Troisi ricominciava da tre quando si trattava di canzoni napoletane. Viene facile la battuta ascoltando Renzo Arbore parlare del popolare attore e della sua grande passione per la musica partenopea. Scavando nei nostri archivi, abbiamo ritrovato un’intervista nella quale lo showman foggiano racconta della profonda amicizia che li legava. Massimo amava tre canzoni, in particolare.
IL RICORDO DI RENZO ARBORE
“Che ricordo hai di Massimo Troisi? Eh. Eravamo amici e vicini di casa. Massimo aveva una passione per le canzoni napoletane antiche e le cantava benissimo. Posso anche ricordarvi quelle che amava di più: Lusingame, Indifferentemente e Palomma. Che non è Palomma ‘e notte, è un’altra canzone. Io volevo fare un disco con Massimo e lui era d’accordo. Spesso ci mettevamo a fare la scaletta dei brani da incidere. Lui aveva una vocina molto aggraziata. E sentimentale. Poi, invece, non abbiamo fatto in tempo”. Canzoni d’amore, dunque, che forse sono anche diventate frammenti di dialoghi dei suoi film.
LA CANZONE NAPOLETANA PREFERITA DA MASSIMO TROISI
Tre canzoni, dunque, ma una su tutte: Palomma. Che Massimo Troisi l’amasse particolarmente, si deduce da due scene del film “No, grazie. Il caffè mi rende nervoso”. Nella prima, il brano viene usato dal fantomatico Funiculì funiculà per un irreristibile test di “napoletanità”. Verso la fine della pellicola, poi, si vede l’attore avvicinarsi ad un’edicola. Dopo un breve dialogo con l’edicolante, intona proprio il ritornello del brano aggiungendo: “Ih, che canzona! ‘O vero o no? (…) Palomma è ‘a canzona ca me piace ‘e cchiù. Nun ‘o saccio! Me piace proprio come motivo, come parole…” Alla luce della parole di Renzo Arbore, è fin troppo evidente che doppia citazione di Palomma fu voluta proprio da Troisi.
PALOMMA, UNA CANZONE DI ARMANDO GILL
Palomma è una delle canzoni più riuscite di Armando Gill. Il poliedrico autore napoletano la compose nel 1926, cedendone i diritti alla casa editrice La canzonetta. I primi versi del brano rivelano la delicatezza di scrittura.: basta leggerli, dunque, per apprezzarli.
Palomma te chiammava mamma toja.
Palomma e ne facive lacremelle.
“Chella nun sape ‘a casa soja,
sempe cumpagne e cumpagnelle”.
E comm’a na palomma tu facive
e â scola e add’ ‘a maesta nun ce jive.
Ciento ‘nnammuratielle appriesso a te
e nce ‘ncappaje pur’io senza vulé.
Palomma, Palomma ca vuole
cagnanno nu sciore pe’ n’ato,
si truove quacche sciore avvelenato
fernisce ‘e vulà.
2 Commenti. Nuovo commento
Penso sarebbe stato un successo!
Sarebbe stato un grande successo!