Leggi sciantosa e mai ti verrebbe in mente Garibaldi. Piuttosto, il primo pensiero va alla mossa, magari nella straordinaria interpretazione cinematografica di Monica Vitti. Eppure, la storia delle chanteuse napoletane iniziò proprio nei giorni dell’Unità di Italia, vivendo il suo culmine trent’anni dopo. Ne furono protagoniste star internazionali, ma anche giovani figlie del popolo. Che vedevano nei cafè chantant un’opportunità di emancipazione sociale facile da cogliere.
SCIANTOSA OVVERO CAMICIE ROSSE, PROSTITUTE E CANZONETTISTE
Garibaldi entrò a Napoli il 7 settembre 1860, poco dopo il suo arrivo iniziò una clamorosa protesta. Diverse centinaia di prostitute si diressero verso il carcere della Vicaria per reclamare la liberazione dei loro protettori. Furono disperse ma rimasero per strada urlando slogan garibaldini. Indossavano un giubbetto rosso e una serie di sottane, l’abbigliamento tipico delle cantanti dell’epoca.
Tempo un anno e aprì il primo café chantant napoletano, a via Toledo. Era ospitato all’interno di palazzo Berio, il cui giardino fu allestito con tavoli, sedie e un palco per piccoli concerti. Nel giro di poco fu inaugurato anche il Giardino d’Inverno, che adottò lo stesso binomio bevande-musica. Il successo fu immediato grazie soprattutto alle esibizioni delle canzonettiste. Erano interpreti dalla tecnica approssimativa ma avevano fascino e vestivano di rosso: in pratica, furono le prime sciantose. Sciantose garibaldine, come ha scritto Roberto De Simone.
GLI ANNI D’ORO DEL SALONE MARGHERITA
Il boom delle sciantose scoppiò alla fine dell’Ottocento ed il Salone Margherita ne fu l’epicentro. Fu inaugurato nel 1891 nella crociera inferiore della Galleria Umberto I. Il cavaliere Giuseppe Marino ebbe l’intuizione di trasformare un’anonima ma ampia sala in un caffè-concerto. E che caffè-concerto! Un teatro con tavoli di marmo e un palcoscenico a forma di conchiglia, su cui si affacciavano due file di palchi. Un locale lussuoso pensato per un pubblico borghese, ricco e maschile, che voleva godersi la Belle Époque, immaginando di essere a Parigi.
Di matrice teatral-musicale, gli spettacoli prevedevano l’alternarsi di canzoni, coreografie, duetti comici, macchiette e numeri di arte varia. Senza dubbio, però, erano le esibizioni delle sciantose la principale attrazione. Rispetto alle canzonettiste di epoca garibaldina, le loro performance associavano il canto al ballo, con un’impostazione di tipo professionistico che univa una buona tecnica esecutiva ad una notevole varietà di stili interpretativi. C’erano le sciantose excentrique (o canzonettiste eccentriche), che combinavano una gestualità euforica e una presenza scenica ammiccante con canzoni sia brillanti che sentimentali. A questo filone appartenevano le sciantose “a trasformazione”, che si facevano notare per i continui cambi d’abito.
Dal canto loro, le diseuse o canzonettiste a “dizione” si distinguevano per le capacità vocali e per il look sobrio e ricercato. Nella scaletta dello spettacolo occupavano un posto d’onore e alcune proponevano anche arie tratte da opere liriche, tanto da meritarsi l’appellativo alternativo di romanziste.
E poi c’erano le gommeuse, che puntavano sull’avvenenza e su elastiche movenze corporee per coinvolgere il pubblico. Il loro abbigliamento era caratterizzato da abiti corti, nastri colorati, guanti e giarrettiere. Momento topico delle loro performance era la gambade, il vorticoso roteare in alto delle gambe passato alla storia come emblema del cafè chantant. Insomma, esistevano diversi i tipi di sciantose, che spesso erano delle vere e proprie star internazionali.
MARIO COSTA E ‘A FRANGESA
Una star era, ad esempio, la francese Armanda D’Ary, che sbarcò a Napoli proveniente addirittura dalle Folies Bergère, il tempio della vita notturna parigina. Fu a lei che si ispirò a Mario Costa per comporre la celeberrima ‘A frangesa (1894). Un’allegra marcetta che riassume il divismo legato alle interpreti più famose e l’atmosfera sbarazzina del periodo.
Il successo del nuovo format di intrattenimento diede il via ad un inevitabile processo imitativo. Si aprirono cafè chantant in tutta la città, generando la variante proletaria e napoletana della sciantosa ricca e parigina. Ci pensarono Giovanni Capurro e Salvatore Gambardella a spiegare il fenomeno con una canzone scritta nel 1905. Lili Kangy racconta delle tante Concetta che non sono nate sotto la Torre Eiffel, ma ‘o Conte ‘e Mola. Sono ragazze pratiche e sfrontate che hanno intuito che se ‘a veste è corta, tutto se pò aggiustá!
NINÌ TIRABUSCIÒ E LA SCIANTOSA CHE INVENTÒ LA MOSSA
Il trittico delle canzoni che segnarono l’epoca d’oro delle sciantose si completa con Ninì Tirabusciò (1911). A scriverla furono Aniello Califano e, di nuovo, Salvatore Gambardella, indicando alla cantante un preciso passaggio interpretativo: <<Aìz’ ‘a vesta, smuóvete. E’ ll’epoca ch’ ‘o vvò’>>. Curiosamente, la canzone fu lanciata da un interprete maschile, Gennaro Pasquariello. Il brano raggiunse una notevole popolarità, anche fuori Napoli. Nel 1970 visse una seconda gioventù grazie alla citata interpretazione di Monica Vitti nel film Nini Tirabusciò, la donna che inventò la mossa.
Già, ma cos’è la mossa, altro emblema del cafè chantant? La mossa è un movimento rotatorio del bacino, compiuto con le mani sui fianchi procedendo da destra a sinistra. Deve essere ripetuto più volte, seguendo il tempo dettato da un tamburo. È fondamentale che l’andamento ritmico non sia frenetico ma cadenzato con sapienza, così da portare progressivamente lo spettatore al momendo clou: il colpo d’anca che chiude l’esibizione. Un’esibizione che le sciantose caricavano di sensualità.
Chi inventò la mossa? La tesi più diffusa sostiene che sia stata la romana Maria Campi a imporla al grande pubblico, c’è chi ritiene, però, che la vera inventrice sia stata la napoletana Maria Borsa, cantante che raggiunse una certa notorietà a fine Ottocento proprio per aver introdotto un particolare ancheggiamento nei suoi spettacoli. Ancheggiamento che la Campi avrebbe visto, imparato e fatto suo. L’attrice Marisa Laurito lo ha spesso proposto in tv in una divertente versione comica. Per molti, però, l’ultima grande interprete della mossa è stata Angela Luce.
FERDINANDO RUSSO E LE MADRI DELLE SCIANTOSE
Anche Ferdinando Russo si interessò alle sciantose, indagando quel mondo di giovani napoletane che vedevano nel cafè chantant la via breve per una vita meno sofferta. Una via che, come descrisse nella canzone ‘A gommosa, in certi casi vedeva l’interprete puntare sulle proprie doti estetiche piuttosto che su quelle artistiche. Russo si soffermò anche sul ruolo che, in questo senso, svolgevano certe madri con pochi scrupoli. A loro dedicò la macchietta Il madro , spietato ritratto di genitrice impegnata a scegliere lo spettatore da circuire. Nel libro Le memorie di un ladro del 1907 ne riassunse il significato: <<Questa madre ha sempre la missione di scandagliare l’avventore, come il palombaro in fondo al mare per raccogliere la perla. Dopo un paio di giorni vi parla di una veste da pagare, delle scarpine di raso di cui la figliola ha bisogno, del vino che le piace… Poi vi lascia sola con la ragazza, per accudire alle faccende, e la ragazza vi sussurra subito con un sorriso che vorrebbe essere malizioso: “se va genio a mammà, faremo il nostro comodo”>>.
Ferdinando Russo non fu il solo ad osservare con spirito critico lo sfarzoso mondo dei cafè chantant. Anche Salvatore di Giacomo e Raffaele Viviani evidenziarono come quella realtà nascondesse un lato oscuro fatto di storie di sfruttamento e speranze deluse. Ai loro occhi era chiaro che alle vedettes protagoniste al Salone Margherita di spettacoli di ottima fattura facevano da contraltare le sciantose dei teatri rionali alle prese con rappresentazioni povere di mezzi e qualità.
LE DIVE, ALCUNI NOMI DA RICORDARE
In un ideale Pantheon della sciantosa sono tanti i nomi che non possono mancare, e sicuramente ne dimenticheremo qualcuno. Oltre ad Armanda D’Ary, vanno ricordate Anna Fougez, Olimpia D’Avigny, Consuelo Tortajada, Amina Vargas. E poi Fina Ciotti, Amelia Faraone, Emilia Persico, Carmen Marini, Ersilia Sampieri, Nina Cavalieri. Ed ancora Ester Clary, la casertana Adele Croce in arte Ivonne De Fleuriel, Lucy Darmond, la milanese napoletanizzata Gina De Chamery. Con loro vanno ricordate le tante Concetta che non raggiunsero né gloria né ricchezza, ma contribuirono ad alimentare una forma di spettacolo di straordinario successo. Complice lo scoppio della Prima guerra mondiale e, soprattutto, l’avvento del cinema, l’epoca delle sciantose volse rapidamente al termine. Il testimone del canto femminile passò ad intepreti che avrebbero fatto la storia della canzone napoletana, tra le altre Elvira Donnarumma, che proprio nei cafè chantant iniziò a farsi apprezzare.
Spartito di ‘A frangesa