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L' La Li Lo Lu
Lac Lar Laz

La pansè è una canzone comica frutto dell’estro di Gigi Pisano, autore dei versi, e di Furio Rendine. È a quest’ultimo che si deve il brioso arrangiamento musicale che, per la prima volta, rese ballabile una macchietta. Un’innovazione di non poco conto che bilancia il gusto discutibile del brano. Proprio la grossolana allusione al centro del testo costò a La pansè un lungo boicottaggio da parte di radio e televisione. Pubblicato nel 1953, il brano è ricordato anche perchè fu il primo successo firmato da Pisano dopo la clamorosa rottura del quasi ventennale sodalizio con Giuseppe Cioffi. Curiosamente, nello stesso anno anche Cioffi ottenne un buon riscontro di pubblico con ‘A luciana, che avviò la collaborazione con il figlio Luigi.

GLI INTERPRETI

Primo interprete de La pansè fu Beniamino Maggio, che la eseguì  al teatro Diana, ma la popolarità arrivò con Renato Carosone. Proprio con La pansé la band carosoniana iniziò ad introdurre le proprie interpretazioni con il tormentone ”Canta Napoli”. Nel caso specifico, toccò a Gegè Di Giacomo intonarlo per la prima volta facendolo seguire da “Napoli in fiore”.
Nonostante l’iniziale censura della radio-tv di stato, La pansè ebbe una notevole diffusione nei night e negli spettacoli di varietà. L’hanno eseguita, tra gli altri, Roberto Murolo, Nino Taranto, Aurelio Fierro, Massimo Ranieri, Gabriella Ferri e Vittorio Marsiglia. Una breve citazione della canzone è presente anche nel film L’oro di Napoli, diretto da Vittorio De Sica nel 1954.

 TESTO DI LA PANSÈ

Ogni giorno cambi un fiore
e lo appunti in petto a te.
Stamattina, sul tuo cuore,
ci hai mettuto una pansé.
E perché ce l’hai mettuta?
Se nun sbaglio l’ho capito.
Mi vuoi dire, o bella fata,
che tu pensi sempro a me.

Ah.
Che bella pansé che tieni,
che bella pansé che hai,
me la dai?
Me la dai?
Me la dai la tua pansé?
Io ne tengo un’altra in petto
e le unisco tutt’e due.
Pansé mia e pansé tua
in ricordo del nostro amor.

Questo sciore avvellotato,
tanto caro io lo terrò.
Quando si sará ammosciato,
io me lo conserverò.
Ci ha tre petali, tesoro,
e ogneduno ci ha un pensiero.
Sono petali a colori,
uno giallo e due marrò.

Ah… (rit)

Tu sei come una farfalla
che svolacchia intorno a me.
Poi ti appuoi sulla mia spalla
con il pietto e la pansé.
Io divento un mammalucco,
poi ti vaso sulla bocca
e mi sembra un tricchi-tracco
questo vaso che do a te.

Ah… (rit)

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Una risposta

  1. Adoro il dialetto napoletano e, di conseguenza, anche le canzoni napoletane. Chissà, forse perché mia nonna era del Vomero? Quando venivano a Roma i suoi cugini era sempre festa e tanta caciara!! 😁

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