A me me piace ‘o blues è uno dei capisaldi dell’album Nero a metà, pubblicato nel 1980. Secondo molti critici, rappresenta l’episodio centrale della vicenda artistica del primo Pino Daniele e, in generale, del cosiddetto Neapolitan power. Nel disco, infatti, compaiono nomi importanti di quella scena musicale come Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo, Agostino Marangolo, Karl Potter. E, per una curiosa coincidenza, anche Enzo Avitabile.

Il brano, in realtà, col blues in quanto forma musicale non c’entra molto. Riferendosi alle linee di basso che caratterizzano l’arrangiamento, lo stesso De Rienzo ha evocato il nome di Stevie Wonder. Il riferimento al blues, però, è assolutamente coerente con le radici “black” del sound di Pino Daniele e, ancora di più, con il senso del testo.

LE CURIOSITÀ DI A ME ME PIACE ‘O BLUES

Sono diverse le curiosità che connotano la storia di A me me piace ‘o blues. Come nel resto del disco, ad esempio, la linea di canto è costantemente doppiata per dare più grinta all’interpretazione vocale. L’introduzione strumentale, poi, sfugge alla canonica quadratura ritmica in 4/4 grazie ad un’anticipazione del battere di 1/16 che l’ha resa unica. E che, all’epoca, fece impazzire, nella sua decodifica, molti musicisti. Altra particolarità di A me me piace ‘o blues è l’assenza di assoli.

Un aneddoto davvero curioso è quello relativo alla presenza di Enzo Avitabile nelle vesti di corista. A svelare la casualità della sua partecipazione è stato proprio il sassofonista napoletano. Tutto nacque negli studi discografici del castello di Carimate, dove i due musicisti erano impegnati a registrare i rispettivi album.

“Il coro di A me me piace ‘o blues nacque in una maniera straordinaria. Pino ed io eravamo dirimpettai, per così dire: lui stava nella Sala Verde e io nella Sala Rossa.” ha ricordato Avitabile “Un giorno mi chiese: <<Vogliamo fare questo coro insieme?>> Io lo feci volentieri, anche perché ci piacevano molto Sam & Dave. Amavamo il loro modo di incrociare due suoni di voce. Così registrammo, armonizzando poco, non tanto, conservando la nota fondamentale ma non andando oltre la terza e la settima. E questa scelta ci diede una sonorità particolare, che in un certo senso era anche un po’ africana. Per africana intendo meno definita, meno ingabbiata.”

LA CAZZIMMA DI PINO

Altre due curiosità, infine, sono di tipo linguistico. La prima è legato all’uso del termine cazzimma, che da quel momento iniziò a diffondersi oltre i confini napoletani, ottenendo poi addirittura lo sdoganamento dell’Accademia del Crusca. Con tanto di citazione di Pino Daniele da parte della prestigiosa istituzione. La seconda, invece, è relativa a quel <<a me me piace>>, apparentemente un errore ma, in realtà, una “raffinata licenza rafforzativa”, come ha affermato il critico musicale Federico Vacalebre.

 

 

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