Il caso letterario del 2025 si intitola La grande sete (Ed. Garzanti) e uno dei suoi capitoli più emozionanti vede protagonista ‘O sole mio.
Romanzo d’esordio della ventiseienne Erica Cassano, il libro non solo ha ottenuto ottime recensioni ma, a sorpresa, è stato il quarto titolo più venduto di marzo, mese della sua uscita.

La grande sete ripercorre i principali avvenimenti che si susseguirono a Napoli tra l’estate del 1943 e quella del 1945. Le vessazioni dei nazisti, i drammatici bombardamenti degli Alleati, le Quattro Giornate e poi il faticoso ritorno alla normalità rivivono nelle vicende quotidiane di Anna. L’autrice le ha raccontate ispirandosi liberamente al diario della nonna che, trasferitasi forzatamente da Genova a Napoli con la famiglia, lavorò come traduttrice dattilografa presso la base americana di Bagnoli.

LA GRANDE SETE, IL CAPITOLO CON ‘O SOLE MIO

L’episodio che richiama ‘O sole mio si svolge al teatro S. Carlo in un giorno di inizio maggio del 1945. Da qualche mese Anna frequenta Kenneth, un giovane militare americano conosciuto nella base di Bagnoli. È lui che la invita al San Carlo per assistere all’opera che segna la riapertura del Massimo napoletano. È con lui che Anna entra nel teatro, accomodandosi in una platea affollata di napoletani. Nel palco reale siede invece il console statunitense, a sottolineare che quella riapertura è merito delle truppe alleate.

La serata prende il via con l’orchestra che intona l’inno americano, poi quello inglese e, infine, quello francese. Subito dopo la triplice esecuzione, però, il pubblico inizia a vociare. Il brusìo si fa insistente fino a che qualcuno urla: “Silenzio!”, ma la sua richiesta non sortisce effetto. Al contrario, un uomo anziano si alza in piedi e si rivolge al console ad alta voce: “lo, in nome del popolo italiano, mi rifiuto di stare qua a sentire i vostri inni, se non viene suonato anche il nostro.” Qualcuno applaude, molti sono sorpresi.

LA RISPOSTA DEL CONSOLE

La risposta del console è beffarda: “Signore, mi dica lei quale inno dobbiamo suonare. Quello del re o quello fascista?». A quelle parole irridenti, che ignorano gli enormi sacrifici sopportati dai napoletani e, soprattutto, il coraggio dimostrato con le Quattro Giornate, l’uomo replica con uno scatto di orgoglio e genialità.

“Signor console”, dice “tenete ragione voi. Non lo sappiamo manco noi che cosa siamo. Ma qua siamo a Napoli e quindi cantiamo ‘O sole mio.” E subito dopo accenna le prime parole della canzone: Che bella cosa è ‘na jurnata ‘e sole. Pochi secondi e l’orchestra gli va dietro, intonando la melodia. Ancora qualche istante e tutti i napoletani presenti iniziano a cantare insieme all’anziano uomo, in un crescendo che culmina nel più celebre ritornello della musica partenopea.

“E veramente sembrò che i raggi si infilassero nella sala scura del teatro, che illuminassero le nostre facce contratte per la commozione” si legge nel libro.

ERICA CASSANO E IL CAPOLAVORO DI CAPURRO E DI CAPUA

La riapertura del San Carlo avvenne in realtà il 15 maggio 1944, un anno prima di quello indicato nel racconto, con la rappresentazione dell’Aida di Verdi. Non c’è documentazione storica che confermi l’esecuzione di ‘O sole mio in quell’occasione ma questo nulla toglie alla potenza espressiva dell’episodio riportato nella Grande sete nè alla sua veridicità. Erica Cassano, infatti, lo inserisce nella parte finale del racconto riprendendo un ricordo della nonna presente nel diario.

La serata al San Carlo è un momento di svago dopo mesi di tragedie, un momento in cui Anna e la città ritrovano la voglia di vivere. L’evento però assume un significato particolare grazie all’anziano uomo che chiede sia suonato ‘O sole mio come inno. Nella sua richiesta c’è la dignità di un intero popolo, che pretende il rispetto della propria identità. Quella di cui il capolavoro di Giovanni Capurro e Eduardo Di Capua era già da tempo una felice espressione apprezzata in tutto il mondo.

erica cassano
Il libretto dell’Aida rappresentata al San Carlo nel 1944

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