I protagonisti dell’epoca d’oro della canzone napoletana in un originale allestimento di arte presepiale: propone anche un tema musicale “Il Presepe dei fondaci”, una suggestiva esposizione dedicata alla Napoli di fine Ottocento visitabile gratuitamente nella chiesa di Santa Marta, a due passi da piazza del Gesù.
Curata dall’Associazione Presepistica Napoletana, l’installazione ricrea una colorata scena di vita quotidiana, ambientata in uno di quei popolosi angoli della città, un fondaco appunto, che furono poi abbattuti dopo l’epidemia di colera del 1884.
I personaggi che la affollano sono riprodotti come le tradizionali statuine del presepe e ritraggono gente comune ma anche personaggi illustri della Napoli del tempo. Tra questi ultimi, è possibile riconoscere un elegante Ferdinando Russo, Mario Costa con lo spartito di “E vota e gira” sotto al braccio in compagnia di Salvatore di Giacomo, un giovanissimo e sognante Vincenzo Russo: un omaggio a chi cantò quella Napoli popolare con versi ispirati e melodie senza tempo.
IL PRESEPE DEI FONDACI, LA PRESENTAZIONE
Il presepe napoletano è una miniera inesauribile d’informazioni dati e dettagli su Napoli, un contenitore di contenitori in cui è possibile leggere la stratificazione nel tempo della società napoletana e delle vicende che si sono alternate coinvolgendo a vario titolo ogni suo strato. La duplice ricorrenza quest’anno dei centoquarant’anni dalla prima edizione de Il Ventre di Napoli di Matilde Serao (1884), e i novant’anni dalla scomparsa di Salvatore Di Giacomo (1934), sono lo spunto per raccontare in chiave presepiale uno spaccato di vita della città bassa negli ultimi anni del XIX secolo.
Il Presepe dei fondaci è ispirato alle opere di Matilde Serao cui si aggiungono quelle di Francesco Mastriani, Ferdinando Russo, Roberto Bracco, Salvatore Di Giacomo e Benedetto Croce; nella cornice iconografica delle illustrazioni, delle raccolte fotografiche e dei dipinti dell’epoca primi fra tutti quelli di Vincenzo Migliaro,
Lontano dalla pretesa di essere un ennesimo, se pur insolito, contributo interpretativo di uno dei momenti decisivi della storia contemporanea della città: quello riguardante la lunga vicenda del “risanamento”, il Presepe dei fondaci é uno storytelling sugli usi e costumi popolari in quella parte di Napoli fatto attraverso le descrizioni e le immagini lasciateci da scrittori, cronisti, poeti, pittori e fotografi dell’epoca.
Il progetto offre l’opportunità alle nuove generazioni di indagare la memoria storica di luoghi avvenimenti e personaggi a essi legati, stimolando la ricerca e lo studio multidisciplinare dalla storia alle arti applicate, dall’architettura e l’urbanistica alla letteratura, dalla musica alla poesia e il teatro.
Il presepe napoletano ha una naturale vocazione alla narrazione che lo rende un singolare e immediato strumento di lettura di avvenimenti, fatti luoghi legati alla storia e alla tradizione. Non solo. La struttura del pastore col suo corpo flessibile consente ai personaggi del presepe di staccarsi dall’impostazione statica della statuina, per assumere la “mimica che è un tratto distintivo della cultura popolare napoletana, dove non c’è parola senza gesto e dove il gesto stesso rende manifesta la psicologia della persona”… Per questo motivo l’allestimento è focalizzato sulla vita di strada che proprio in quei quartieri a ridosso del porto era ancor più brulicante di altre, con le sue piazze e i suoi mercati, con le strade e i vicoli dedicati alla lavorazione e vendita di oggetti d’uso in ogni forma e modalità consentita. Il contesto urbano rimanda ai quartieri Mercato, Pendino, Porto e Santa Lucia, con le scene di vita quotidiana nei fondaci, negli angiporti e nelle strettole della città ma senza un preciso riferimento topografico. Il fronte principale allude al vicolo di Mezzocannone e alla via Santa Lucia. Al centro la vista si perde nella stretta strada in fondo alla quale un portale durazzesco ricorda le origini medioevali del tessuto edilizio. Qui gli edifici sono addossati con sovrappassi, supportici, archi a ballatoio e botteghe ai piani terra e il cielo è nascosto ovunque dal bucato. Sulla strada arnesi panche e banchetti occupano ogni spazio e il basolato (dove c’è) è solcato da rigagnoli multicolori di liquidi riversati da tini e tinozze: acqua, residui di tintoria, reflui…
Matilde Serao, Francesco Mastriani, Vincenzo Migliaro, Ferdinando Russo, Giuseppe Fiorelli, Filippo Palizzi, Salvatore Di Giacomo, Mario Costa e il giovane Vincenzo Russo sono stati ritratti quali “nuovi pastori”.
La scenografia ha chiari riferimenti ad alcuni dei quadri che Vincenzo Migliaro realizzò per il Ministero della Pubblica Istruzione affinché quella parte di città che di lì a poco sarebbe stata demolita, restasse viva nella memoria: vico Grotte e vico Forno a Santa Lucia, vico Cannucce, strettola degli Orefici.
Nella scena sono state ricostruite su fonte fotografica, la Fontana di Mezzocannone e la Chiesetta di Santa Maria dell’Ovo che, come tante altre emergenze storiche non furono risparmiate dalle demolizioni.